Tratto da: hypnosistrainingacademy.com/why-hipnosis-works-must-known-researchers/
5 fra i più conosciuti ricercatori e i loro pionieristici studi che provano come funziona l’Ipnosi e come viene usata per la guarigione.
Dopo centinaia di anni, l’ipnosi si sta liberando dalla vecchia immagine holliwoodiana che vede uno spregevole malvagio intento ad utilizzare l’ipnosi per controllare la mente altrui.
Negli ultimi anni, grazie ad un crescente interesse per la meditazione ed altre pratiche spirituali in Occidente, l’ipnosi sta ottenendo ampi consensi come affidabile, veloce ed efficace strumento per la guarigione o il cambiamento.
Con lo sbiadire della sua vecchia reputazione, sempre più persone sono curiose di sapere come funziona… e, cosa più importante, come possano trarne giovamento.
Ma oltre a risentire dei favori rivolti alla meditazione, l’ipnosi ha guadagnato in termini di credibilità grazie alla ricerca scientifica condotta da noti ricercatori, neuroscienziati ed istituzioni.
Per mantenerci aggiornati sullo stato dell’arte abbiamo consultato i 5 ricercatori qui sotto interpellati per scoprire gli affascinanti studi che stanno conducendo nel campo della ipnosi.
Prima parte: David Spiegel
L’Ipnosi non è tutta nella vostra testa.
Se conoscete il nostro blog, probabilmente avrete notato che siamo dei grandi fan del Dr. David Spiegel. Dopotutto ha spiegato al Dalai Lama i benefici dell’autoipnosi!
Ma lasciate che vi dia qualche altra informazione. Il Dr. David Spiegel è professore di psichiatria e di scienze comportamentali alla Stanford University è ha prodotto un numero cospicuo di studi che provano l’efficacia dell’auto-ipnosi, specialmente per i pazienti con il cancro.
Il Dr. Spiegel è anche conosciuto per aver rifiutato gli antidolorifici dopo aver subito un intervento chirurgico alla spalla perché era completamente fiducioso nel potere della auto-ipnosi. Infatti utilizzò la auto-ipnosi per ottenere il sollievo dal dolore che gli serviva.
Niente male, vero?
Per farla breve, il Dr. Spiegel ritiene che sotto ipnosi il cervello funzioni differentemente, il che spiega perché i soggetti assorbano così profondamente determinate idee o perché vi sia spesso una completa mancanza di auto-coscienza.
Recentemente alcuni studi hanno fatto riemergere la teoria di Spiegel, dimostrando che in effetti il cervello sotto ipnosi èdifferente dal cervello negli altri stati di coscienza.
In un famoso studio condotto alla Stanford University venne utilizzata la risonanza magnetica (MRI) per provare quanto sopra affermato, misurando il flusso sanguigno nel cervello mentre i soggetti erano in stato ipnotico.
Le scansioni usate nello studio rilevarono attività in quelle aree del cervello che erano:dove:
“Coinvolte nella attenzione focalizzata, nel monitoraggio e controllo delle funzioni corporee e nella consapevolezza e valutazione dell’ambiente interno ed esterno.”
Spiegel è convinto che queste scoperte possano spiegare alcune delle cose che succedono durante l’ipnosi.
Ad esempio, sperimentare una mancanza di auto-coscienza mentre si è in uno stato di ipnosi profonda spiega come gli inotisti da teatro possano portare le persone a “credere” di essere delle galline, dei bambini piccoli, ballerine, ecc.
Una volta ipnotizzate, le persone diventano meno auto-coscienti e perdono le loro inibizioni, il che le libera, mettendole temporaneamente nelle condizioni per così dire, di di lasciarsi andare.
In uno dei suoi studi, Spiegel ed il suo team di ricercatori, studiarono l’attività cerebrale di 36 soggetti altamente ipnotizzabili confrontandoli con un gruppo di 22 soggetti con basso grado di ipnotizzabilità. L’attività cerebrale fu monitorata in condizione di ipnosi, di riposo e durante compiti di memoria.
Scoprirono che certe aree del cervello, in stato di ipnosi, si comportavano diversamente che nelle altra circostanze. Il che è un ulteriore passo in avanti nel campo della ipnosi.
Secondo Spiegel noi possiamo:
“Alterare la capacità di qualcuno di essere ipnotizzato o l’efficacia della ipnosi per problemi quali il controllo del dolore”
Ma c’è di più: questa informazione è incredibilmente utile quando lavoriamo con soggetti scettici, dal momento che non c’è niente come l’evidenza scientifica per mettere in agio una mente che dubita.
Parte seconda: William J. McGeown
Perché sembra che l’ipnosi funzioni meglio con certe persone che con altre?
Vi siete mai interrogati sul perché alcune persone rispondono molto bene all’ipnosi, mentre altre no, indipendentemente da ciò che facciate?
Dietro c’è una buona ragione.
Come abbiamo scoperto, le persone che risultano essere molto responsive alla ipnosi ed alle suggestioni ipnotiche potrebbero avere dei cervelli che funzionano differentemente.
Uno studio condotto da William J. McGeown senior lecturer di psicologia presso l’Università di Scrathclyde, Glascow, prese in considerazione due gruppi di persone: il primo con alta suscettibilità ipnotica ed il secondo con bassa suscettibilità. Di questi gruppi fu misurata l’attività cerebrale in condizioni diverse: a riposo, durante compiti specifici di visualizzazione e quando erano in o fuori da una condizione ipnotica. Per la misurazione fu utilizzata la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI).
Per i “dotati” si riscontrò una diminuzione della attività cerebrale nelle parti anteriori del Circuito in Condizioni di Riposo (Default Mode Circuit o DMC).
Nell’altro campione, comunque, non si riscontrarono cambi in queste stesse aree, inoltre questo gruppo manifestava una disattivazione dei circuiti associati all’allarme.
Lo studio giunse alle conclusioni che, in effetti, l’ipnosi produceva una attività cerebrale unica in chi era altamente suggestionabile.
In altre parole, sembra che le persone che rispondano bene all’ipnosi usino il loro cervello in modo diverso dal resto della popolazione.
Più capiamo su come funzioni l’ipnosi, più sarà facile proporre soluzioni “su misura” alle persone ed aiutarle ad accedere ai suoi benefici.
Parte terza: Irving Kirsch
Se l’ipnosi non è solo tutta nella tua testa, allora cosa è?
Sappiamo che è uno stato alterato di coscienza, ma cos’altro c’è dietro?
Per cercare di spiegare cosa accade durante l’ipnosi, alcuni studiosi l’hanno comparata all’effetto placebo.
Secondo Wikipedia, un placebo è “Una sostanza o trattamento senza alcun effetto terapeutico attivo”. Un esempio tipico è dato da una pillola di zucchero, sebbene il placebo possa essere anche la parte di un consiglio, un CD o un video o qualsiasi cosa che produca il risultato desiderato.
L’effetto placebo descrive il modo in cui qualcuno risponde al placebo. Per esempio, sentire che il dolore diminuisce dopo aver preso una pillola di zucchero. Se la persona crede di aver ricevuto un farmaco che l’aiuterà con il dolore, quella credenza è bastata a sortire l’effetto lenitivo. Questo è l’effetto placebo.
Nessuno sta dicendo che l’ipnosi lavori nello stesso modo. Quel che stiamo dicendo, comunque, è che l’ipnosi e l’effetto placebo hanno qualcosa in comune: l’aspettativa del ricevente.
Irving Kirsch, Associate Director del Programma di Studi sul Placebo e lettore in medicina presso la Scuola di Medicina dell’Università di Harvard e presso la Beth Israel Deaconess Medical Centre, crede che la ipnosi si inserisca fra i processi cerebrali dell’aspettativa.
Secondo Kirsch ci sono due flussi di informazione che contribuiscono a determinare lo stato cerebrale dell’aspettativa. Uno è quello che in cui il mondo esterni entra nel nostro cervello tramite il tronco encefalico. L’altro è costituito dai nostri valori, dalle nostre credenze e dalle nostre aspettative.
Quando queste due fonti di informazione interagiscono l’una con l’altra, si ha la coscienza. Kirsch ritiene che l’ipnosi lavori a quel punto di contatto.
Parte quarta: David R. Patterson & Mark P. Jensen
L’ipnosi come strumento per la guarigione.
L’ipnosi godeva già di una buona fama quando ha cominciato ad occuparsi di determinate condizioni come la sindrome del colon irritabile o la gestione del dolore cronico.
Quindi non è più necessario provare che l’ipnosi funziona. Piuttosto ha più senso focalizzarsi sul percorso di quelle persone che si impegnano a dare all’ipnosi la credibilità necessaria.
E’ questo il caso di David Patterson. Essendo uno dei maggiori esperti in ipnosi, egli spesso è impegnato in seminari con medici per evidenziarne l’utilità. Ad uno di questi seminari i partecipanti decisero di mettere alla prova le sue affermazioni.
Chiesero a Patterson di ipnotizzare un paziente ustionato particolarmente difficile, descritto come “arrabbiato verso il mondo“. Nonostante fosse pieno di antidolorifici, il paziente urlava ogni volta che una infermiera cercava di cambiargli i bendaggi.
Il giovane paziente rifiutò la proposta di Patterson, dicendo che non poteva essere ipnotizzato. Alla fine accettò di provare con l’ipnosi, ma subito, caparbiamente, cominciò a fare l’opposto di quanto Patterson gli suggeriva di fare. Quindi il dottore cambiò tattica.
Invece di incoraggiare il paziente a rilassarsi, Patterson gli suggerì di aumentare il livello di tensione. Egli fece l’opposto, (divenne sempre più rilassato) e pochi minuti dopo era in uno stato di trance tale da permettere alla infermiera di togliere le fasce alle sue ferite e addirittura passargli la spugna sopra senza che si lamentasse.
Patterson e il suo partner nella ricerca Mark P. Jensen (entrambi esperti ipnotisti presso l’Università dello Stato di Washington a Seattle) volevano saperne di più su come il cervello umano funzionasse sotto ipnosi. Quindi utilizzarono l’EEG (elettroencefalografia) per studiare il cervello in stato di ipnosi e misurarne l’attività.
Quando i neuroni comunicano fra loro (e lo fanno in continuazione), producono degli impulsi elettrici. E Quando i neuroni lavorano insieme, generano delle onde ritmiche distinguibili.
Quello che Patterson e Jensen scoprirono fu che durante lo stato ipnotico queste onde ritmiche erano significativamente più lente. I ricercatori sapevano anche che nelle persone che provano il dolore questo onde erano più veloci. Quindi si posero l’obiettivo di scoprire se con l’ipnosi queste onde si potessero rallentare talmente da non percepire il dolore.
Jensen studiò l’attività cerebrale di 20 pazienti che per alleviare il dolore usavano o la meditazione o l’ipnosi. Egli scoprì che:
I pazienti con le menti più attivate beneficiavano di più dalla meditazione, mentre quelli più propensi ad essere rilassati di per sé, rispondevano meglio alla ipnosi”
Parte quinta: Joe Dispenza
La Neuroplasticità e l’incredibile potere delle suggestioni ripetute.
Il Dr. Dispenza è un rinomato neuroscienziato e scrittore. La sua TED Talk sulla neuroplasticità fornisce una serie di indizi sulle potenzialità dell’ipnosi. (https://hypnosistrainingacademy.com/neuroscientist-dr-joe-dispenza-ted-talk/).
Nel caso questo termine vi giungesse nuovo, con neuroplasticità intendiamo la capacità del nostro cervello di cambiare se stesso. Ciò accade quando ripetiamo in continuazione certi pensieri o certe azioni.
Ogni pensiero ed ogni azione fa in modo che i neuroni entrino in comunicazione l’uno con l’altro e più spesso ripetiamo questi pensieri ed azioni, più facilmente questi neuroni comunicheranno fra di loro.
Quando apprendiamo qualcosa di nuovo, quei neuroni comunicano e lo faranno ancora ed ancora, fino a quando non avranno creato una nuova rete sinaptica.
Come dice il Dr. Dispenza:
“Neurons that fire together, wire together. I neuroni che scaricano insieme si legano insieme”
Se ci pensiamo su, scopriamo che ha perfettamente senso. Ciò spiega come siamo capaci di guidare un auto, di giocare a golf o di suonare un brano alla chitarra o al pianoforte. Con la giusta dose di pratica le meccaniche necessarie diverranno automatiche. Ciò perché i neuroni hanno scaricato insieme per abbastanza tempo da imprimere il processo nel nostro cervello.
Il che significa che quanto più diamo ascolto ad una suggestione ipnotica, tanto più un particolare insieme di neuroni si attiveranno in contemporanea.
Per esempio, quando lavoriamo con qualcuno e ripetiamo certi temi ipnotici durante l’induzione, noi potremmo usare parole del tipo rilassamento, calma, concentrazione, ecc.
Ma non ci limitiamo a dire queste parole solo una volta, poiché ciò non dà al cervello abbastanza tempo per consolidare la connessione. Noi continuiamo a dire quelle parole ancora ed ancora come regola del gioco.
E adesso sappiamo perché: a causa della ripetizione determinati neuroni si attivano all’unisono, creano una rete sinaptica e trattengono l’idea del rilassamento, della calma, della concentrazione, così che il corpo e la mente dei nostri pazienti possano rispondere in un modo appropriato.